I REPARTI SPECIALI DELLA REPUBBLICA SOCIALE ITALIANA: RESISTENZA AGLI INVASORI ANGLOAMERICANI



ANCHE QUEI RAGAZZI FASCISTI SONO MORTI PER LA PATRIA
Pio Acquaroli
 
 
    U.N.C.R.S.I. Federazione di Caserta
    Alla Redazione Casertana del «GIORNALE DI NAPOLI» Corso Trieste, 220 CASERTA
    In riferimento alla notizia pubblicata da codesto Giornale dal titolo: «Anche quei ragazzi fascisti sono morti per la Patria» sì precisa che:
    - i tredici giovanissimi combattenti dei Servizi Speciali della Repubblica Sociale Italiana fucilati a S. Maria C.V. e alla cava di S. Angelo in Formis non sono stati «trucidati dai nazisti» ma dagli «anglo-americani».
Alleghiamo per prova le foto delle esecuzioni di alcuni di essi.
    - Si precisa, inoltre, che l'U.N.C.-R.S.I. e l'associazione Nazionale Famiglie Caduti e Dispersi della R.S.I. da molti anni si battono nelle competenti sedi, perchè sia generalizzata la decisione presa di recente per onorare i sei marò della Xa MAS uccisi dagli slavi di Tito.
    Siamo certi che codesta Redazione pubblicherà, con la cortesia che la distingue, citando la fonte, questa rettifica.
    IL PRESIDENTE Pio Acquaroli 
 
 
Fucilazione di Mario Tapoli, a sinistra, e Vincenzo Tedesco, napoletano, a destra, il 30 Aprile 1944 a S. Angelo in Formis da parte di M.P. della V armata americana.
 
 
GIORNALE DI NAPOLI Quotidiano del 25-X-1992

LA VERA STORIA DI ITALO PALESSE, L'OPERAIO FUCILATO DAGLI AMERICANI IL 30 APRILE 1944 Come la Rai, a Combat Film, ha orchestrato, senza scrupoli,  il vilipendio di un morto
Giano Accame
 
 
     Caro Marcello, resta in milioni di telespettatori della prima puntata di Combat Film la forte impressione dei quattro giovani fucilati dagli americani il 30 aprile 1944 a S. Maria Capua Vetere.
    Di uno di essi, Franco Aschieri 18 anni, l'ultima lettera alla madre contiene una carica di spiritualità tale da non potersi definire altro che eroica. 
 
Cade fucilato Franco Aschieri. Gli è accanto Don Ferrieri
 
    Ma chi ha più impressionato è stato Italo Palesse (nella foto in alto), operaio, 22 anni, dell'Aquila, per la spavalderia con cui ha fumato l'ultima sigaretta. Nella puntata del 13 aprile, Rai, uno ha presentato come testimone dell'epoca Renato Piendibene, partigiano sui Monti della Tolfa, il quale sostiene d'aver riconosciuto in Palesse l'infiltrato che lo fece arrestare dai tedeschi con altri compagni. La testimonianza era stata già riportata dall'unità (8 aprile) col titolo: «E' lui la spia che ci ha traditi, due di noi son morti alle fosse Ardeatine». Ma l'Unità non vi ha molto insistito, avendo forse colto un'imbarazzante discrepanza: la Pasqua del 1944 era il 9 aprile, mentre il massacro delle Ardeatine era avvenuto prima, il 24 marzo.
 
Italo Palesse pochi istanti prima di essere fucilato.
 
    A distanza di cinquant'anni i ricordi di Piendibene si sono comprensibilmente confusi con una dose di fantasia.
    Lo stesso 8 aprile Florido Borzicchi sui giornali Il Tempo, Resto del Carlino, La Nazione, ha riferito che secondo storici locali i giovani fucilati si trovavano nel carcere di S. Maria C. V. già da diversi mesi.                            
    Giorgio Pisanò, storico della Rsi, che la Rai si è ben guardata dall'interpellare, assicura che in genere quei processi duravano non meno di un paio di mesi e quindi Palesse non poteva aggirarsi tra la Tolfa e via Tasso pochi giorni piuma della fucilazione. Seri elementi di dubbio imponevano pertanto a Rai uno, con tutti i riguardi per una persona anziana e volta al perdono, ma anche col rispetto dovuto ad un operaio caduto, di famiglia povera, dispersa, non in grado di difenderne la memoria, di sottoporre ad un vaglio più scrupoloso i ricordi di Piendibene.
    Si è limitata a depurarli dagli errori più grossolani, come quello sulle Ardeatine, orchestrando senza scrupoli il vilipendio di un morto.
    Strumentalizzazione "riparatrice" della prima puntata, consumata in pompa magna, sostituendo, come conduttore, Vittorio Zucconi con il direttore Demetrio Volcic, che se ne è così assunto in prima persona la responsabilità.
    Pio Acquaroli della Unione Nazionale Combattenti della RSI, ci ha inviato una lettera in cui sostiene, dopo aver cercato e trovato documentazione adeguata, che il «volontario dei Servizi speciali della Rsi, Italo Palesse, catturato dagli anglo-americani nel 1943 (forse dicembre) era rinchiuso con certezza alla data 21 Gennaio 1944, nella cella n° 8 della IV sezione del Carcere di S. Maria C. V., ove rimase fino al 30 aprile '44, data della fucilazione».
    Dunque, a suo avviso, il partigiano Piendibene avrebbe, nella migliore delle Ipotesi, "preso una solenne cantonata".
    Acquaroli si dichiara disponibile ad esibire il carteggio in suo possesso.
    27 aprile 1994
 
 
L'ITALIA SETTIMANALE 27 Aprile 1994 N. 16

GIOVANI EROI DELLA R.S.I. Combatfilm: una trasmissione che ha suscitato tanto scalpore
Giano Accame
 
 
    Caro Meneghini,
     mi chiedi di ricordare per Nuovo Fronte i quattro giovani fascisti fucilati come spie dagli americani a Santa Maria Capua Vetere il 30 aprile 1944 e che sono balzati a notorietà nazionale mezzo secolo dopo con la trasmissione televisiva di Combat film su Raiuno. Potei farne i nomi e chiamarli eroi perché avevo letto di loro nella Storia della guerra civile di Giorgio Pisanò, a cui tutti facciamo ricorso per ripassare le vicende di casa nostra.
    Quando, tre giorni prima della trasmissione, da Raiuno invitandomi mi suggerirono di dare un'occhiata al Radiocorriere per capire di che si trattasse, mi colpì la piccola fotografia d'un giovane con la sigaretta in bocca e legato al palo dell'esecuzione. Mi pareva d'averla già vista e la ritrovai infatti nell'opera di Pisanò, così ricca di illustrazioni e di episodi. Si trattò evidentemente di una fucilazione-spettacolo, non solo filmata dai cineoperatori americani della V Armata, ma anche fotografata. Roberto Olla, il ricercatore della Rai che è riuscito a scovare ammucchiati in un magazzino statunitense centinaia di documentari sulla campagna d'Italia, si trovò per le mani anche un filmato che portava soltanto l'indicazione di «fucilazione spie fasciste». Non i nomi, non la data, né il luogo. Tutte cose che nella «nostra» tradizione erano invece già note, benché un po' confuse con decine di migliaia di tragedie analoghe. Mi colpì, rileggendola, la straordinaria lettera scritta alla madre dal giovanissimo Franco Aschieri, studente liceale milanese di 18 anni e paracadutista, alla vigilia della fucilazione. Essa rivela una spiritualità eccezionale insieme ai tratti inconfondibili dell'eroismo. Il sacerdote che li ha assistiti, don Giuseppe Ferrario, riferì che si erano tutti e quattro devotamente comunicati, ma anche d'un suo affettuoso rimprovero a Italo Palesse, operaio de L'Aquila di 22 anni, che abbiamo visto fumare spavaldamente l'ultima sigaretta, perché in punto di morte gridò «Dio stramaledica gli inglesi» mentre aveva prima promesso di non odiare il nemico. Nel filmato parve che avesse rifiutato i conforti religiosi, mentre sapevo che non era vero e lo dissi a Vittorio Zucconi, conduttore della trasmissione. Tra le polemiche suscitate vi fu su l'Unità (7 aprile) l'intervento di uno storico comunista, Claudio Pavone, che mi ha accusato di falsità: «Uno dei tre, nel filmato, rifiutava il prete. Ma Accame ha negato l'evidenza, tra l'altro. Perché è cattolico. Quindi, quando Zucconi ha notato quel rifiuto del prete, lui ha risposto che non era vero. E Zucconi, di rimando, quasi si scusava con lui».
    E' vero: sono cattolico, oltre che fascista, ma non sono abituato a mentire. Semplicemente sapevo come erano andate le cose e riconobbi subito nelle occhiate tra Palesse ed il prete l'eco dell'episodio da lui ricordato. Zucconi mi ha creduto sulla parola. Usanze da persone educate a cui Pavone ha invece mancato per faziosità, benché avessimo avuto qualche anno prima nella redazione de il Sabato uno scambio garbato di idee sul suo libro Una guerra civile (Bollati Boringhieri, 1991).
    C'è purtroppo di peggio. La stessa Unità (8 aprile) pubblicò una fotografia di Italo Palesse con una lunga didascalia intitolata: «E' lui la spia che ci ha traditi, due di noi son morti alle Fosse Ardeatine». Vi si riferiva i ricordi di Renato Piendibene, partigiano della brigata Maroncelli operante tra Civitavecchia ed i monti della Tolfa, che dice d'essere stato arrestato dai tedeschi insieme ad altre persone su indicazione di Palesse, infiltratosi tra i partigiani con altro nome, alla vigilia di Pasqua del 1944. Alcuni tra gli arrestati sarebbero poi finiti alle Fosse Ardeatine. Le date però non combinano, perché il sabato santo del '44 era l'8 di aprile, mentre il massacro delle Ardeatine fu compiuto quasi due settimane prima, il 24 marzo. E' quanto basta per dubitare della memoria del testimone. Inoltre gli interrogatori ed i processi degli americani duravano in genere almeno un paio di mesi. Palesse avrebbe quindi dovuto essere già da tempo loro prigioniero e non poteva contemporaneamente trovarsi sui monti della Tolfa. Secondo un servizio di Florindo Borzicchi sui quotidiani della catena Monti (Il Tempo, Il Resto del Carlino, La Nazione) dell'8 aprile, che ricavava questa notizia da un ricercatore locale, i fucilati di S. Maria Capua Vetere sarebbero stati già imprigionati da diversi mesi.
    C'erano serie ragioni già apparse sulla stampa nazionale per dubitare sui ricordi del signor Piendibene, quando il 13 aprile Raiuno senza ulteriori riscontri in una nuova puntata di Combat Film, direttamente condotta dal direttore Demetrio Volcic visto che l'obiettività di Zucconi non era piaciuta, gli ha fatto ripetere la testimonianza, depurata del particolare più inattendibile sulle Fosse Ardeatine, senza il minimo scrupolo di sporcare la memoria di un fucilato. Una persona anziana a mezzo secolo di distanza può anche sbagliare, ma un servizio di Stato non doveva permettersi, senza accertamenti rigorosi, il vilipendio di un giovane operaio morto per una sua idea di patria e che non può difendersi. Io, che sono un privato, ho passato giorni a telefonare con Pisanò, con lo storico della Xa Nesi, coi comandanti degli N.P. che compivano le azioni al sud, da Buttazzoni, a Gallitto, con il collega Borzicchi, con lo storico locale di S. Maria Capua Vetere professor Alberto Perconte Licatese, per avere maggiori dettagli sulla vicenda di Italo Palesse e dei suoi camerati. Nessuno di loro era stato interpellato da Raiuno per un riscontro.
 
La lapide posta a Sant'Angelo in Formis, a ricordo dei 13 giovani volontari della RSI fucilati dagli angloamericani, porta scritte le seguenti parole: "Nel gigantesco scontro del "sangue contro l'oro" qui, tra Gennaio e Maggio del 1944, nella visione di una più grande Italia in un'Europa unita, caddero fucilati dagli invasori angloamericani, i giovani soldati della RSI.
 
    Le notizie che ho finora accertate sono poche e risalgono quasi tutte alla relazione stesa dal sacerdote che li ha assistiti (ormai morto da una ventina d'anni) ed alle memorie di un vicino di cella (ma tra cella e cella sembra vi fosse un rigoroso isolamento). Non sono nemmeno riuscito a sapere di che reparto fossero: erano presumibilmente tra i primi inviati della Rsi dall'altra parte. Gli atti dei processo che portò alla loro fucilazione si possono rintracciare solo negli Stati Uniti con una ricerca non facile, lunga, costosa. L'interesse suscitato dalla trasmissione di Combat Film in milioni di telespettatori ne meriterebbe la fatica e la spesa. Sarebbe una bella tesi di laurea, ma anche un bell'argomento per un ricercatore universitario appoggiato con una borsa di studio.
    Ovviamente il tema andrebbe allargato a tutti i processi militari alleati nei confronti di quegli italiani che si avventurarono nella «resistenza» dall'altra parte.
    C'è ancora tanto da scavare per conoscere veramente la nostra storia.
    Giano Accame
 
 
NUOVO FRONTE N. 142 Maggio 94 (Indirizzo e telefono: vedi PERIODICI)

I MARTIRI DEI "SERVIZI SPECIALI"
Francesco Fatica
 
 
    Caro direttore,
    a proposito dei quattro giovani carcerati dei Servizi Speciali della RSI fucilati nella cava di S. Angelo in Formis, sono in grado di aggiungere notizie che possono servire a dare maggior luce su di un episodio della lotta clandestina fascista nella Campania invasa dagli anglo-americani e dagli eserciti di mezzo mondo.
    I tre giovani Franco Aschieri, Italo Palesse e Vincenzo Tedesco, di cui la trasmissione "Combat Film" - che tanto interesse ha suscitato in milioni di spettatori - ha trasmesso le tragiche sequenze della fucilazione, erano tutti volontari, come il camerata Giorgio Tapoli, studente in medicina, fucilato nella stessa mattinata del 30 aprile 1944, non inquadrato dalla cinepresa degli invasori.
 
 
Da sinistra: Franco Aschieri, Italo Palesse, Don Ferrieri, Giorgio Tapoli, Vincenzo Tedesco. Foto scattata la mattina dell'esecuzione.
 
    Precedentemente erano stati fucilati, sempre nella stessa cava, altri agenti dei servizi speciali e molti altri ancora furono catturati e fucilati in seguito, anche altrove.
    Nei primi mesi della RSI, in mancanza di una organizzazione specifica, gli agenti dei servizi speciali si appoggiavano all'alleato tedesco. Essi, tutti volontari, provenivano da diverse armi, ma anche, talvolta, erano di fresco arruolamento, addestrati appositamente e in qualche caso, provenienti dalle file della GIL e del GUF.
    Alcuni provenivano dal collegio accademico della GILE (Giov. Ital. del Litt. all'estero) intitolato a "Costanzo Ciano" dove erano stati abilitati radiotelegrafisti.
    Franco Aschieri era figlio di una signora tedesca e del progettista dell'Università di Roma. Ad arruolarlo insieme ad altri giovanissimi volontari contribuì Ugo Esposito della Xa MAS, che aveva avuto il permesso da Borghese di mettersi a disposizione del comando tedesco per operazioni oltre le linee. Anche lui aveva frequentato il Collegio accademico della GILE "Costanzo Ciano".
    In seguito, com'è noto, furono inviati oltre le linee reparti di NP, di paracadutisti, di aderenti al PFR, singoli informatori e sabotatori, propagandisti e franchi tiratori, come avvenne nei primi giorni dell'occupazione di Firenze, dove furono fucilati sui gradini dì S. Maria Novella i giovanissimo spavaldi camerati - tra cui, voglio ricordare, c'era anche una fanciulla - di cui scrissero Giorgio Pisanò e Curzio Malaparte.
    Nella Cava di S. Angelo in Formis è stata posta una lapide che ricorda, oltre i dodici fucilati dei Servizi Speciali, il tenente di vascello Paolo Poletti, assassinato dal sergente americano di guardia nel vicino carcere di S. Maria C.V., ove era stato rinchiuso dopo essere stato torturato dall’OSS (servizio segreto americano) in una della villette isolate tra Torre dei Greco e Torre Annunziata, vicino Napoli, dove gli americani aggredivano con torture inenarrabili gli italiani a cui volevano estorcere delle informazioni. Paolo Poletti non parlò, ma per le torture subite impazzì e fu trasferito al carcere di S: Maria C. V., ove fu rinchiuso nella cella N°8, cella imbottita riservata appunto ai pazzi.
    Qui il Martire dava in escandescenze e si strappava i vestiti, per cui fu spogliato completamente e lasciato ammanettato, ma continuò angosciosamente fin quando, la mattina del 19 Maggio 1944, trovato il cancello della cella aperto, si portò nel corridoio, sempre ignudo, ammanettato e continuando a urlare. Ovviamente tutto era stato predisposto per dare una sia pur minima giustificazione al sergente americano che lo freddò barbaramente con la pistola d'ordinanza, eliminando così una scomoda testimonianza della efferatezza degli invasori. Il tenente di vascello Paolo Poletti, immolatosi venticinquenne, fu uno dei primi agenti speciali della RSI; era riuscito a farsi accreditare come ufficiale della R. Marina distaccato presso l'OSS. Aveva così carpito preziose informazioni che trasmetteva poi in RSI, ma si era poi troppo scoperto per facilitare il passaggio delle linee alla principessa Maria Pignatelli, che riuscì così ad essere ricevuta da Kesserling e da Mussolini per riferire sull'attività e sulle possibilità dell'organizzazione clandestina fascista operante nelle terre invase e capeggiata dal marito principe Valerio Pignatelli di Cerchiara.
    Sarebbe ora che, dopo cinquant'anni di colpevoli e faziose assenze dei giovani, la nuova compagine decida di sistemare adeguatamente la Cava di S. Angelo in Formis per dare le competenti onoranze ai martiri. Queste e molte altre notizie riguardanti la lotta clandestina ha raccolto e sta raccogliendo il Centro Studi e Documentazioni sulla lotta clandestina fascista nelle terre occupate dagli anglo-americani 1943-1945 C/O federazione UNCRSI via Bellini, 67, 80135 Napoli, Fax 5442447,tel.081/5495081 089/876735.
    Francesco Fatica
    Napoli
 
 
NUOVO FRONTE N. 147 Ottobre 1994 (Indirizzo e telefono: vedi PERIODICI)

«SABOTATORI» DELLA RSI FUCILATI DAGLI ALLEATI Furono trattati come spie degne di disprezzo e presto furono dimenticati: in realtà furono dei puri eroi
Filippo Giannini
 
 
    Nell'estate 1944 aerei angloamericani, insieme alle bombe, lanciarono dei «volantini» che annunciavano l'avvenuta esecuzione di giovani «sabotatori» appartenenti ai «Reparti Speciali» della RSI.
    Insieme alla logica del «bombardamento a tappeto», il lancio di questi «volantini», rientrava nella tecnica alleata della «guerra del terrore». 
    Infatti il padre di uno di questi giovani (Alfonso Guadagno) apprese in questo modo incivile l'avvenuta esecuzione del figlio. Interessante, dal punto di vista storico, il testo di questi «manifestini», da uno dei quali ne stralciamo una parte. Su un lato del foglio erano stampate le foto dei giovani giustiziati, sul retro venivano indicati i loro nomi, il luogo e la data di nascita. Il testo così continuava:
    «Prima di loro altre spie sono state passate per le armi, benché nei loro casi non furono buttati manifestini. Inoltre, altri ancora sono stati già catturati e finiranno davanti ai plotoni d'esecuzione alleati (... ) Ma gli Alleati non possono essere generosi in casi di tale gravità. La legge internazionale ammette la pena di morte quale punizione dei reati di spionaggio e sabotaggio. Le Nazioni Unite intendono applicare questa legge (... )».
    Il messaggio continua con altre minacce rivolte a quei giovani che avessero voluto seguire l'esempio dei catturati e candidati alla fucilazione.
    La «legge internazionale», alla quale gli Alleati nel loro «volantino» fanno riferimento, è quella dell'Aja, aggiornata poi con quella di Ginevra: «(Art. 4) Gli illegittimi combattenti vengono dovunque perseguiti con pene severissime e sono generalmente sottoposti alla pena capitale. Nella guerra terrestre i franchi tiratori che operano nelle retrovie nemiche, infiltrandosi alla spicciolata sotto mentite spoglie, vengono passati per le armi in caso di cattura, lo stesso dicasi per i sabotatori».
    Quindi, quei giovani appartenenti ai «Reparti Speciali» della RSI, se catturati dagli Alleati «sotto mentite spoglie» (non in uniforme regolamentare) erano passibili della pena di morte. E nulla abbiamo da eccepire su tutto ciò. Solo una rapida e semplice considerazione: passibili della stessa pena, perché il reato era identico, lo erano anche «i partigiani» nella RSI. In realtà il governo della RSI agì con moderazione, perché la gran parte dei franchi tiratori fu rinchiusa in prigione (i più pericolosi considerati ostaggi a difesa di attentati), molti altri, dietro loro richiesta e previo formale impegno a non nuocere più alle Unità della RSI, venivano inviati come «lavoratori militarizzati» nei «Battaglioni Complementi». Nella maggioranza dei casi, questi mantennero il loro impegno sino alla fine delle ostilità.
    Dopo il disastro dell'8 settembre '43, la resistenza contro le forze occupanti angloamericane, nel Sud d'Italia, fu condotta da elementi fascisti. Queste erano piccole formazioni clandestine che operavano isolatamente, ma delle quali sarà opportuno fare la storia.
    Nel Nord, in seno alla nascente RSI, si formarono «Servizi Speciali», nei quali operavano giovani volontari, di entrambi i sessi che, superato il periodo d'addestramento, venivano paracadutati o sbarcati da sommergibili o, ancor più semplicemente (ma audacemente) attraversavano le linee del fronte per operare con azioni di sabotaggio e raccolta di informazioni. Il loro numero era di circa 4000 volontari e di questi, tra i 70 e i 100, furono catturati e passati per le armi.
    La testimonianza di coloro che furono accanto a questi giovani negli ultimi istanti della loro breve vita, può offrire un quadro della fine stoica di alcuni di loro.
    In questi anni di grande confusione morale è bene ricordare che quei ragazzi, come vedremo, provenivano da ogni regione d'Italia, dal Nord al «profondo» Sud.
    I primi:
    Mauro Bertoli nato a Massa Apuania il 23 giugno 1925 e Luigi Cancellieri nato a Monteroni di Lecce l'l1 gennaio 1925. Entrambi reagirono con sdegno all'armistizio dell'8 settembre e presentatisi alle autorità della RSI, espressero il desiderio di essere arruolati nei «Servizi Speciali» dell'Esercito repubblicano. Iniziarono immediatamente le missioni loro assegnate. Nell'ultima di queste, furono catturati dagli inglesi nel dicembre 1943. Sottoposti a sevizie non rivelarono nulla che potesse compromettere le missioni degli altri componenti del loro «Gruppo».
    La mattina del 21 gennaio 1944 vennero caricati su un camion e trasportati sul luogo dell'esecuzione, in una cava di S. Angelo in Formis. Così don Nacca, parroco di S. Erasmo, che li assistette sino all'ultimo, li ricorda:
    «I supremi valori della fede cattolica furono per essi il viatico sicuro per affrontare sereni e coscienti la realtà ultraterrena (un'ora prima della morte essi consumarono il pranzo rituale con un tal senso di giovialità da far pensare a me che tra la vita terrena e quella celeste per essi non c’era alcun distacco(...). Il Duce era per essi qualcosa di sacro e perciò meritorio della loro immolazione. Ricevuto l'ordine di uscire di cella per essere tradotti al posto dell'esecuzione, mi raccomandarono ancora una volta: - Padre, dica alle nostre mamme che il nostro cuore non morirà, ma sarà sempre vivo e bruciante d'amore per esse (...). Affrontarono la morte senza scomporsi, con la fronte alta e senza paura (...)».
    Marino Canteli, nato a S. Giovanni in Persiceto (Bo) il 21 giugno 1922 ed Enrico Menicocci, nato a Marsiglia il 19 marzo 1924.
    Dopo la cattura, gli interrogatori e il giudizio, furono condotti anche loro, il 16 aprile 1944, nelle cave di S. Angelo in Formis. Don Umberto Piccirillo, parroco di Portico, lasciò questa testimonianza:
    Il 30 aprile 1944 fu la volta di:
    Italo Palesse, nato a Cavalletto d'Ocre (Aq) il 10 ottobre 1921; Franco Aschieri, nato a Milano il 26 aprile 1926; Mario Tapoli, nato a Roma il 4 giugno 1925; Vincenzo Tedesco, nato a Napoli il 14 aprile 1925.
    Di questo gruppo, Italo Palesse, a seguito di una recente trasmissione televisiva (Combat Movie), è noto perché su di lui si scagliò una menzogna comunista, poi smascherata.
    Franco Aschieri, figlio di un noto architetto, quando fu catturato, essendo poco più che diciassettenne, fu portato in un campo di prigionia algerino, poi, appena compiuti i diciotto anni, riportato in Italia per essere fucilato.
    Ecco come li ricorda don Giuseppe Ferriero in uno stralcio delle sue memorie:
    Per la notevole carica di spiritualità contenuta nell'ultima lettera scritta da Franco Aschieri alla madre, è doveroso citare, almeno, i passi più toccanti:
    Il 6 maggio 1944, a S. Maria Capua Vetere furono portati davanti al plotone d'esecuzione:
    Alfredo Calligaro, nato a Campolongo (Ud) il 16 agosto 1918; Domenico Donnini, nato a Urbania (Ps) il 19 febbraio 1919; Virgilio Scarpellini, nato a Ronica (Bg) il 22 gennaio 1925 e Giulio Sebastianelli, nato a Cupramontana (An) il 13 agosto 1915.
    Anche il «Comitato per le Onoranze ai Caduti della RSI» di S. Angelo in Formis (come più avanti avremo modo di ricordare), nulla sa dei primi due, ma è accertato che tutti appartenevano alla Xa MAS.
    Di Virgilio Scarpellini si sa che dopo varie missioni, svolte con esito positivo, l'ultima affidata riguardava la polveriera di Aversa. Scarpellini riuscì a far saltare il deposito ma, mentre tentava di raggiungere il sommergibile che lo avrebbe riportato nelle proprie linee, fu catturato.
    Gli Alleati tentarono per 18 giorni di farlo parlare, ma non riuscirono ad infrangere la ferma decisione del giovane. Portato davanti al plotone d'esecuzione, accompagnato da don Alfredo Contini (che dopo pochi giorni morì) intonò l'Ave Maria di Schubert. Al momento del «nunc et in hora mortis nostrae» fu fulminato dalla scarica di dodici moschetti.
    L'ultima lettera fu inviata ai fratelli:
    Ed ora un fatto che disonora l'etica militare degli Alleati: essi requisivano, per svolgere i loro interrogatori, alcune villette isolate nei pressi di Napoli. Qui essi usavano torturare i giovani dei «Servizi Speciali» che cadevano nelle loro mani. Paolo Poletti, nato a Firenze il 26 ottobre 1919, subì sevizie tanto atroci che impazzì. I1 giovane fu ammanettato e rinchiuso in cella, ma urlava in continuazione, si strappava i vestiti di dosso, si graffiava. Gli americani escogitarono la soluzione «Yankee»: un giorno il Poletti, sempre in preda al delirio, poggiò le mani contro la porta della cella che «stranamente era stata dimenticata socchiusa». Il povero giovane, sempre urlando, uscì nel corridoio ingiuriando la guardia, la quale gli scaricò contro la sua pistola d'ordinanza. Il tentativo di fuga fu la giustificazione per eliminare un testimone pericoloso. Il suo corpo fu portato di nuovo in cella ove rimase per due giorni; dopodiché fu «pigiato con forza» in una cassa troppo stretta per contenere agevolmente la sua taglia.
    Alfonso Guadagni, nato ad Afragola (Na) il 7 aprile 1925; Ennio Viviani, nato a Verona il 18 settembre 1926 e Vito Bertolozzi, luogo e data di nascita ignoti per questi due ultimi, ma tutti e tre furono fucilati il 31 maggio 1944 a Nisida. Andarono alla morte con ammirevole dignità. Ennio Viviani, data la sua giovane età non avrebbe dovuto essere portato davanti al plotone d'esecuzione. Condotto nel luogo del martirio «morì cantando gli inni della Patria e inneggiando al Duce».
    21 giugno 1944 a Nisida è la volta di Pietro Brambilia, nato a Milano l'l1 dicembre 1916: «Pregò e si fece legare al palo, affrontando la morte con coraggio e con spirito di sacrificio».
    Silvio Bartolini, nato a Piacenza il 29 gennaio 1920, venne fucilato il 24 agosto 1944. «Fatto sedere incappucciato su una sedia morì gridando Viva l'Italia».
    Carmelo Fiandro [*1 nota di italia-rsi], fucilato insieme ad altri tre; si ignorano i nomi di questi ultimi e il luogo dell'esecuzione.
    I Caduti sopra citati, riguardano i fucilati nell'Italia centro meridionale. Ma man mano che il fronte si spostava verso Nord, l'attività dei Servizi Speciali si ripeteva quasi senza soluzione di continuità, quindi la cattura e, purtroppo, le esecuzioni.
    Il 26 novembre 1944 alle Cave di Majano (Fi) venne fucilato Ruy Blas Biagi. Sempre a Firenze, il 6 dicembre 1944, Luigi Piras e Franco Berselli. L'l1 gennaio 1945 fu la volta di Angelo Lencioni. Mario Martinelli e Giuseppe Boni furono fucilati il 30 gennaio 1945. Goffredo Agostini, Raffaele Venturini e Giorgio Simino caddero il 14 febbraio 1945. Domenico Muscatiello e Ermete Benvenuti vennero fucilati alla vigilia di Pasqua pochi giorni prima della fine della guerra.
 
 
Roma 1944. I fascisti Sabelli e Testorio condannati per attività clandestina, salutano romanamente il plotone d'esecuzione britannico [*2 nota di italia-rsi]. E' interessante sapere che nei primissimi mesi del 1998 l'apertura di archivi dei servizi speciali britannici ha rivelato che nell'immediato dopoguerra agenti inglesi, fuori dalle regole internazionali, continuarono a cercare e ad uccidere i comandanti tedeschi ritenuti responsabili della fucilazione di agenti britannici infiltratisi in Germania e scoperti. 
 
 
    Franco Sabelli e Armando Testorio entrambi romani furono gli ultimi ad affrontare il plotone d'esecuzione. L'8 settembre '43 non accettarono la resa e si arruolarono nelle SS. Quando Roma cadde sotto l'occupazione alleata, i due restarono in città per svolgere azioni di disturbo e trasmettere informazioni. Identificati, furono condannati a morte e fucilati il 26 giugno 1945. L'esecuzione avvenne a Forte Bravetta; prima della scarica mortale alzarono il braccio al saluto romano e intonarono «Giovinezza». Questo fatto, già di per sé drammatico, si arricchì di un altro episodio sublime: poche ore dopo l'esecuzione, la giovane moglie di Testorio, Nella, si uccise gettandosi da una finestra della sua abitazione. Sul suo corpo venne trovata una lettera il cui testo riportiamo integralmente:
    Una valida testimonianza è offerta da un volume, ormai introvabile e scritto nel dopoguerra, dal titolo: «Madre Lotta» di Rico Covella di Bari. Questi faceva parte dei «Servizi Speciali», fu catturato e scampò al plotone d'esecuzione perché, all'epoca, appena diciassettenne. Conobbe molti giovani rinchiusi con lui nelle carceri di S. Maria Capua Vetere e ci ha lasciato preziosi ricordi. «Madre Lotta», pagg. 36-37:
 
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    Nello svolgere le ricerche per questo lavoro, con rammarico ho notato che mancano notizie delle identità, del luogo di sepoltura e ogni altra informazione riguardanti tanti giovani dei «Reparti Speciali» che affrontarono la morte ad opera degli angloamericani. Alcune salme di questi militari della RSI sono state recuperate grazie all'ammirevole dedizione del «Comitato Sezionale per le Onoranze ai Caduti della RSI fucilati dagli angloamericani a S. Angelo in Fortis nel 1944», con sede in S. M. Capua Vetere. Ma la nobile iniziativa sostenuta dal capitano Vittorio Corradini, dalla famiglia Sparaco, dalla signora Monticelli, dal dott. Piccirillo, dal dott. Acquaroli e da tutti i componenti il «Comitato» deve essere sostenuta da organismi che dispongano di maggiori poteri. In caso contrario la memoria di tanti ragazzi che con tanto amore hanno donato la loro vita, andrà perduta.
 
 
STORIA VERITA’ N. 17 Settembre-Ottobre 1993. (Indirizzo e telefono: vedi PERIODICI)
 
"DOPO QUASI OTTO MESI MI TROVAVO DI NUOVO DINANZI AI RAPPRESENTANTI DELLA VERA PATRIA..."
Don Umberto Peccerillo - Parroco
 
 
    Il 16 aprile 1944 nella stessa cava di pozzolana vennero fucilati MARINO CANTELLI di Luigi e di Bussolari Ambellina, nato a S. Giovanni in Persiceto (Bologna) il 21-VI-1922, del quale non ci è noto né il grado, né il reparto militare, ed ENRICO MENICOCCI di Rizzieri e di Spadani Ildegonda, nato a Marsiglia il 19-111-1924, del quale parimenti è sconosciuto il grado e il reparto militare.
    Ecco la relazione del sacerdote che li assistette sacerdote che li assistette, don Umberto Peccerillo parroco di Portico:
    «Nel sedici aprile 1944 Monsignor Baccarini, Arciverscovo di Capua, mi obbligava ad andare nel carcere di S. Maria C. V. per portare la parola di conforto ai giovani fascisti Cantelli Marino e Menicocci Enrico, ambedue condannati a morte nel marzo del 1944.
    «Alle ore 7 precise antimeridiane mi trovai nel carcere suddetto e bruciavo dal desiderio di avvicinare subito detti giovani per dire la parola della religione ad essi che erano in procinto di spiccare il volo per l'eternità. Un nodo mi stringeva alla gola. Dopo quasi otto mesi mi trovavo di nuovo dinanzi ai rappresentanti della vera Patria che dagli invasori venivano considerati come traditori, ma dalla gente bennata erano considerati come i degni figli d'Italia, purissimi eroi che avrebbero preparato la riscossa per perpetuare, idealmente allora e realmente in seguito, la tradizione di operosità fascista che in vent'anni aveva rialzate le sorti d'Italia.
    «Li abbracciai in carcere e li confessai. I Sacramenti loro amministrati furono la mia edificazione. Forse nel mio ministero parrocchiale non ho trovato ancora giovani d'oro come quelli che, genuflessi dinanzi a me, stavano per ascoltare la parola del Signore. Dopo la confessione, in un cantuccio del carcere piangevo dirottamente al vedermi circondato da quella plebaglia di sbirri inglesi che armati di tutto punto mi guardavano in cagnesco. Alle ore 9,45 siamo usciti dalle celle. Che scena di terrore! Nel carcere da per ogni dove si sentivano grida di terrore degli altri carcerati condannati per reati comuni che piangevano per la triste sorte dei loro fratelli; sembrava che a momenti fosse scoppiata la rivolta tra gli agenti di custodia e gli inglesi.
    «Tre macchine accompagnarono il triste corteo, una prima di indiani, la seconda con i condananti e la terza portava me ed un maggiore americano al luogo della «giustizia». 
    Alla Cava di pietra due paletti erano pronti, vicino ai quali con una fune furono legati i due giovani. Una benda copriva i loro occhi ed un mirino veniva posto sul loro cuore. Detti giovani avrebbero voluto essere liberati da dette bende per guardare ancora una volta, come essi dicevano, in faccia i loro giustizieri, perdonarli forse e morire, ancora una volta guardando e salutando il bel cielo d'Italia per la quale avevano tanto sofferto e lottato. Una scarica di otto fucili li fulminava sull'istante. In due casse già pronte venivano composte le loro salme e poi portati al cimitero di S. Maria C. V. Onore e gloria agli eroi ed ai patrioti che dal cielo assisteranno alla resurrezione della Patria calpestata. Il loro spirito aleggerà attorno ai veri loro compagni che nel fecondo silenzio dell'Idea che non morrà aspettano il momento di poter loro innalzare un cippo marmoreo che dovrà essere la piccola Fiamma che dovrà accendere il sacro fuoco apportatore di luce nella Patria infranta ma non abbattuta».
 
 
LETTERE DEI CADUTI DELLA REPUBBLICA SOCIALE ITALIANA [stralcio da] L’Ultima Crociata Editrice. 1990 Associazione Nazionale Famiglie Caduti e Dispersi della RSI (Indirizzo e telefono: vedi EDITORI)
 

COME SI PUO' STRUMENTALIZZARE UNA TRAGEDIA Ancora sui servizi speciali della RSI
Lettera di Filippo Giannini
 
 
    Caro Direttore, «la menzogna in bocca a un comunista è una verità rivoluzionaria». Lo ha detto Lenin.
    La menzogna che andrò a denunciare si è svolta in due fasi
    e si è avvalsa di due personaggi principali: Renato Piendibene, nativo di Civitavecchia, partigiano, ed Italo Palesse, di Cavalletto d'Ocri (l'Aquila), milite della Rsi.
    Prima fase: 6 aprile 1994. La prima puntata della trasmissione tv «Combat Film» creò forte turbamento nel pubblico per le crude immagini da «bassa macelleria» di Piazzale Loreto e per la presentazione «quasi in diretta» della fucilazione di quattro giovani appartenenti ai «servizi speciali» della Rsi. Il coraggio dimostrato da quei ragazzi (tra i quali Italo Palesse), di fronte al plotone d'esecuzione americano, aveva toccato la pubblica opinione. Il partito «progressista», che tuttora controlla la Rai, scese in campo per rimettere «le cose al posto giusto».
    13 aprile 1994. Il conduttore della prima puntata del documento fu indotto a rinunciare all'incarico e sostituito, addirittura, da Demetrio Volcic, che diresse la trasmissione «Combat Film» di quella sera, nella quale fu presentato il partigiano Renato Piendibene che, durante la lunga intervista, accusò uno dei giovani fucilati di essere una spia che «alla vigilia di Pasqua» del 1944 aveva consegnato lui ed i suoi compagni alle SS tedesche. Stando all'esposizione del signor Piendibene, portato a via Tasso, lì avrebbe rivisto la «spia».
    Tutta la vicenda si svolge entro due date fisse: la vigilia di Pasqua, cioè l'8 aprile 1944, giorno della cattura dei partigiani e il 30 aprile, sempre in quell'anno, giorno della fucilazione di Italo Palesse.
    Dalla scheda ritrovata in via Tasso della «presa in consegna» risulta che il signor Piendibene vi entrò il 30 maggio 1944, quindi esattamente 30 giorni dopo la morte di Italo Palesse, la «spia». Incontrare un fucilato, anche se a via Tasso, è cosa difficilmente spiegabile.
    Ancora: l'8 aprile, ma di quest'anno (1994) il signor Piendibene rilasciò un'intervista a «L'Unità» nella quale attestò: «E' lui la spia che ci ha traditi, due di noi sono morti alle Fosse Ardeatine». Ora, se si considera che Piendibene e i suoi compagni, come abbiamo visto, caddero in mano delle SS l'8 aprile 1944 (la «vigilia di Pasqua») e l'eccidio alle Fosse Ardeatine fu perpetrato il 25 marzo di quell'anno, la rozzezza della menzogna risulta evidente.    
    Quando questo fu fatto notare, è scattata la seconda fase: diversi quotidiani ricevettero una «nota d'agenzia» nella quale il signor Piendibene dichiarava che nell'intervista tv non aveva mai indicato Italo Palesse come l’infiltrato, ma un certo De Angelis, e che i due trucidati alle Fosse Ardeatine altri non erano che i «civitavecchiesi Chiricozzi e Margioni rastrellati in via del Tritone».
    Si tratta, quindi, di stabilire la vera identità del ragazzo legato al palo in attesa dell'esecuzione e indicato ripetutamente da Piendibene come la «spia» o «l'infiltrato».
    E' fuor di dubbio che il signor Piendibene, nell’intervista televisiva, dichiarò (testualmente): «Come non lo conosco? E' proprio lui (... )». Alla domanda dell'intervistatore: «L'ha riconosciuto subito l'altra sera?», il signor Piendibene replicò: «Subito, subito, mi sono pure sentito male quando l'ho visto (... )». Poi più avanti: «... un'altra prova che è stato lui a farmi arrestare, era che mi fu presentato dentro gli uffici delle SS a via Tasso».
    Concludendo: il titolo apparso su «l’Unità» dell'8 aprile scorso era chiarissimo: «E' lui la spia che ci ha traditi, due di noi sono morti alle Fosse Ardeatine»; se concediamo per vera la rettifica, questa avvalora ancor di più l'intento di strumentalizzazione della prima versione: «Per due di noi ... » è evidente che intendesse due
    appartenenti alla «Banda Maroncelli», alla quale il signor Piendibene si vanta di aver appartenuto. E' fuor di dubbio che la persona ripetutamente indicata sul teleschermo dal signor Piendibene quale «spia» altri non era che Italo Palesse e non De Angelis, nome mai menzionato durante la lunga intervista e nominato solo nella «nota».
    Ad ulteriore prova:
    a) anche l’intervistatore conosceva il nome del giovane legato al palo: infatti chiese al signor Piendibene (testualmente): «Lui, insomma, faceva la staffetta partigiana, questo Italo Palesse?». La risposta del signor Piendibene: «Sì, faceva, viveva in mezzo a noi partigiani ... » ;
    b)i parenti di Italo Palesse tuttora residenti a Cavalletto d'Ocri;
    c)i volantini lanciati sul Centro-Nord Italia nel 1944 dagli angloamericani, che comunicavano l'avvenuta esecuzione di dieci agenti della Rsi e fra questi era chiaramente indicato nome, luogo e data di nascita di Italo Palesse;
    d)la testimonianza di Rico Covella (unico sopravvissuto
    fra i 70 appartenenti ai "Reparti speciali", perché all’epoca, diciassettenne) che nel suo libro «Madre Lotta», a pag. 32, attesta che Italo Palesse era presente, con lui, sin dal gennaio 1944 nel carcere di S.M. Capua Vetere cella N. 8;
    e)l'opuscolo «Soldati della Rsi fucilati dagli angloamericani» ove a pag. 13 appare la foto di quattro giovani in attesa di essere fucilati il 30 aprile 1944 e fra loro è indicato Italo Palesse;
    f)la testimonianza del cappellano don Giuseppe Ferriero, confessore dei quattro giovani, che nelle sue memorie fra l'altro attesta: «30 aprile 1944, sempre nelle cave di pozzolana, cadono Franco Aschieri di Milano, paracadutista, classe 1926; Mario Timperi (alias Giorgio Tapoli) nato a Roma il 24 giugno 1925; Italo Palesse, nato a Cavalletto d'Ocri (Aquila) il 10 ottobre 1921 e Vincenzo Tedesco nato a Napoli il 14 aprile 1925. Andarono alla morte cantando ... ». Dopo aver descritto la fucilazione dei primi due giovani, don Ferriero così continua: «Quello di Aquila si toglie anche lui la camicia. Lo legano, desidera una sigaretta ... ».
    Come si evince da queste testimonianze, tutto quadra con quanto si vide su «Combat Film».
                                                                    Filippo Giannini
    
    
NUOVO FRONTE N. 145-146 Agosto Settembre 1994

DOMUS